La notizia dell’assunzione da parte della regione Calabria di circa 500 medici cubani è l’ennesima riprova dello stato comatoso della nostra organizzazione sanitaria.
Ci chiediamo però se il rimedio scelto sia quello adeguato.
Deve essere messa in evidenza la circostanza – ben conosciuta nell’America latina, ma quasi ignota dalle nostre parti – che il governo dell’Avana, quando invia i propri medici all’estero, raramente fornisce le loro credenziali, ossia titolo e curriculum universitario.
La ragione risiede nel fatto che, in possesso di valide credenziali, il medico cubano (che sull’isola ha uno stipendio mensile inferiore a 70 dollari) potrebbe ottenere la legalizzazione del suo dottorato nel paese ospitante, scegliendo così di restarvi.
Tale timore comporta l’ulteriore conseguenza che le persone che Cuba invia in missione qualificandole come “medici” spesso sono infermieri o studenti universitari. Circostanze queste regolarmente denunciate dalle associazioni professionali dei paesi americani ospitanti.
A ciò si aggiunga che il timore di possibili defezioni viene affrontato dal governo cubano attraverso il divieto di ricongiungimento familiare, anche temporaneo, quando il medico si trovi in missione all’estero.
Cuba, ritenuta “potenza sanitaria mondiale”, ricava da queste sue spedizioni medico-sanitarie l’ossigeno valutario che le permette di non affogare finanziariamente.
È infatti arcinoto che gli emolumenti pagati dai paesi beneficiari per le prestazioni conseguite non sono versati ai medici ma allo stato cubano che, solitamente si trattiene dal 70 all’80% del ricavato, al netto di altre quote accreditate a presunti organismi medici in realtà di proprietà di alti dirigenti statali (tra i quali Raúl Castro).
Il Movimento Nazionale invita quindi la regione Calabria 1) ad assicurarsi che il personale cubano assunto nelle strutture sanitarie sia in possesso dei titoli professionali dichiarati; 2) a richiedere al governo cubano l’assicurazione che i familiari del personale assunto possano raggiungere il loro congiunto senza limitazioni di nessun genere; 3) ad assicurarsi che lo stipendio versato sia accreditato direttamente al sanitario e non a organismi o enti terzi, statali o privati; a tale ultimo proposito è bene ricordare che, essendo l’attività svolta all’interno del nostro territorio, vigono le regole a tutela dei diritti dei lavoratori, primo dei quali quello alla retribuzione contrattualmente stabilita.