Sulla crisi energetica in Europa si procede in ordine sparso. La Germania fa da sé e, vista la sua capacità fiscale, ci mette 200 miliardi di denaro pubblico per contenere l’aumento dei costi per famiglie e imprese. Contemporaneamente, la Germania dice no al fantomatico tetto del gas. Per inciso, l’ultima proposta era di 200 euro per MWh, ovvero comunque più del prezzo corrente, comunque stratosferico, che oscilla tra i 180 e i 190 euro.
La Francia, già forte del proprio parco di reattori nucleari, ha silenziosamente completato la rinazionalizzazione del colosso EDF. Lo Stato azionista, quindi, procede a dei contenimenti diretti sulle bollette, che può governare a piacimento.
In Italia invece, senza soluzioni di continuità tra Draghi, Letta e Meloni, si continua a blaterale di “sfide troppo grandi per essere affrontate da soli”, di “sfide comuni”, del fantomatico e magico “tetto al prezzo del gas”. La presunta sovranista Meloni auspica pure, come il PD, “un fondo di recovery per l’energia”.
La verità è che tra le burocrazie di Bruxelles, a un anno dall’inizio della crisi energetica (iniziata ben prima della guerra), non si è trovata alcuna soluzione se non le masochistiche sanzioni alla Russia, mentre sono gli Stati sovrani che, quando decidono di fare i propri interessi, hanno le capacità e la flessibilità adatta per perseguirli.