Come previsto i russi hanno avviato una campagna di bombardamenti strategici e la nomina al comando delle operazioni del Generale d’Aviazione, Surovikin, sembra essere stata propedeutica allo scopo.
I bombardamenti su obiettivi infrastrutturali, secondo le tipiche dottrine NATO e americane – vedasi campagne di Serbia e Iraq – sono stati annunciati da Putin quale ritorsione per l’attentato al ponte di Kerch in Crimea, i bombardamenti ucraini sulla centrale nucleare di Energodar, i tentativi di sabotaggio – sventati – alla centrale nucleare di Kursk e i ripetuti bombardamenti di artiglieria sui villaggi russi di Kursk e Belgorod.
Tuttavia, si iscrivono anche in una strategia di strangolamento delle risorse interne ucraine per potare al crollo del sistema logistico e del fronte interno.
Lunedì 10 ottobre è stato caratterizzato da tre ondate da 200 missili da crociera – di cui oltre 170 andati a bersaglio – lanciati dal Mar Nero, dal Mar Caspio e dai cieli di Russia e Bielorussia; tre ondate – due la mattina, una nel pomeriggio – di droni kamikaze di concezione iraniana.
A Kiev è stata colpita la stazione ferroviaria, la sede dello SBU – servizi segreti – e la rappresentanza della UE, senza vittime.
Per il resto gli obiettivi colpiti in tutto il Paese sono quasi esclusivamente centrali elettriche e scambiatori di energia.
Colpiti altri obiettivi a Kiev, Leopoli, Rivne, Ivano-Frankivsk, Khmelnytskyi, Vinnytsa, Cherkasy, Kremenchuk, Poltava, Konotop, Kharkov, Dnipro, Zaphoryza Kryvy Rog, Odessa, Nykolaiev.
Nella notte 15 missili hanno colpito obiettivi militari a Zaphoryza.
La mattina del 11 ottobre una nuova ondata colpisce altri obbiettivi a Kiev, Leopoli, Kryvy Rog, Poltava, Vinnytsa, Kremenchuk, Rivne. Colpito lo snodo ferroviario di Pavlovgrad che alimenta il fronte ucraino del Donbass, mentre a Kiev una centrale idroelettrica è esplosa autonomamente a causa del sovraccarico delle linee e, ovvia conseguenza, si è propagato un blackout in tutto il Paese. La NATO annuncia la fornitura di nuovi dispositivi antiaerei e missilistici, la Bielorussia risponde con la formazione di unità congiunte alla Russia e muove truppe al confine. Continua l’afflusso russo di uomini e mezzi in Bielorussia, costringendo gli ucraini a tenere unità di riserva sul confine.
Sulla linea del fronte si ha una parziale ripresa dell’iniziativa da parte russa dopo le grandi offensive ucraine di settembre.
Tra Kharkov e Lughansk i russi stabilizzano la linea del fronte e passano alla controffensiva, recuperando parte del terreno perduto vicino a Lyman. In’arrivo le prime riserve russe mobilitate a Lughansk.
A Donetsk la compagnia Wagner fa progressi attorno alla città di Bakhmut, uno dei perni della difesa ucraina, a ovest gli uomini della milizia di Donetsk, inquadrati nell’esercito russo, avanzano lentamente e minacciano le piazzeforti ucraine che per otto anni hanno bombardato la città.
Il fronte sud, che corre da Donetsk al fiume Dnieper, è calmo ma si sospetta che gli ucraini abbiano qui accumulato forze sufficienti per alimentare una nuova grande offensiva.
A Kherson, dopo il ripiegamento delle scorse settimane, i russi tengono un linea dì difesa arretrata, che per ora regge ai continui attacchi ucraini, i quali, forti della grande superiorità numerica, continuano ad essere sull’offensiva nonostante le grandi perdite subite.