Il Movimento 5 Stelle è ai titoli di coda, dilaniato da una dura lotta intestina tra i sostenitori di Conte – leader travicello, delegittimato da una pronuncia giudiziale – e coloro che sostengono Di Maio, più allineato ai diktat di Draghi che al suo stesso partito.
L’ennesimo casus belli è il voto in Parlamento riguardo la risoluzione d’invio di altre armi a Kiev, di fronte la quale il Ministro degli Esteri avrebbe sconfessato la proposta pentastellata di porre un veto alla questione.
Di Maio è finito sulla graticola ma, probabilmente, lo strappo verrà ricucito, benché del M5S non resti che un simulacro.
Le prossime elezioni politiche decreteranno, verosimilmente, la fine del partito, stremato dalle faide interne, vittima di sé stesso e di quella “scatoletta di tonno” finita di traverso, che avrebbero dovuto aprire, non certo divorare.